PROPOSTA PER UNA REVISIONE CRITICA DELL’ APPROCCIO TERAPEUTICO DELL’ALOPECIA AREATA IN BASE AI MOMENTI PATOGENETICI  DELLA MALATTIA

Roberto d’Ovidio, Tiziana Di Prima*
*Coordinatore Nazionale del Gruppo di Tricologia dell’ Associazione Italiana Dermatologi Ambulatoriali
Università di Catania
 

Ad oggi, la scelta del regime terapeutico della alopecia areata si basa principalmente su criteri codificati che tengono conto dell'età del paziente e della percentuale di cuoio capelluto interessato ( + o - del 50%) (Shapiro J 1996). Talora la terapia scaturisce dall'esperienza empirica del singolo specialista.

Nelle forme più gravi della malattia è esperienza comune che non sempre ad una scelta terapeutica "corretta" segue la guarigione. Alcuni fattori prognostici negativi sono ben conosciuti: alopecia che insorge in età pediatrica, pazienti che sviluppano rapidamente una forma totale/universale. Il fallimento terapeutico in questa fetta di pazienti con AA considerata "grave" è frequente, come anche il tasso di recidività in caso di successo.

Dal momento che alcune terapie sembrano funzionare su alcuni pazienti sempre ma nessun trattamento sembra dovere funzionare su tutti ed in tutte le circostanze, c’è da chiedersi se tutto ciò possa essere in parte attribuito ad una combinazione negativa tra meccanismo d'azione del farmaco scelto e stadio clinico della malattia. Proponiamo quindi una "revisione critica" dell'algoritmo di Shapiro", riteniamo infatti che la scelta terapeutica debba in modo prioritario ben adattarsi al "tempo" in cui la malattia si trova al momento della nostra osservazione: attiva, stabile, in ricrescita.

Nella fase attiva (di espansione) della malattia i primi eventi che si verificano sembrano essere a carico dei Mastociti e Macrofagi periannessiali: i primi presentano evidenti fenomeni di degranulazione in stretta prossimità delle guaine del follicolo pilifero. La loro attivazione può essere conseguenza di molteplici stimoli: allergici,fisici,nervosi,infettivi,psichici. I Macrofagi  infiltrano precocemente il follicolo pilifero, soprattutto nell’area sovrapapillare del bulbo, per poi ritornare nel derma periannessiale con il citoplasma infarcito di melanosomi. Queste fasi sono comuni anche in altre forme di defluvium, come quelli da radio- e chemioterapia. Successivamente nei soggetti che hanno -probabilmente su base genetica- perso la tolleranza verso antigeni follicolari avviene il reclutamento dei linfociti T che circondano “a sciame d’api” la porzione transitoria del follicolo (fig.1).

I linfociti citotossici, in cooperazione con i linfociti helper, amplificheranno ed espanderanno la patologia diffondendola anche in altri distretti cutanei, avendo tra i principali bersagli dell’ aggressione autoimmune alcuni antigeni melanosomali, responsabili anche della frequente concomitanza di manifestazioni vitiligoidee in corso di Alopecia Areata, spiegandosi così anche il frequente risparmio dei peli bianchi nel corso della malattia.

Nella fase stabile i follicoli si presentano nella maggioranza in fase Telogen o bloccati in Anagen III o IV (fasi in cui normalmente inizia il processo della melanogenesi follicolare), con infiltrato infiammatorio scarso o assente e rete capillare dermica visibile solo nei plessi profondi.

La fase di ricrescita è preceduta dal ritorno dell’irrorazione dei capillari superficiali con aspetti di neoangiogenesi. Nella ricrescita “spontanea” i peli, dapprima chiari, riprendono gradualmente i processi di melanizzazione (fig. 2).

Prendiamo quindi ad esaminare la situazione di un paziente in fase attiva, sia che si tratti di un primo episodio o della riattivazione di una AA pregressa. In quel momento possiamo immaginare i follicoli piliferi circondati e permeati da mastociti e macrofagi attivati che fanno da battistrada  all'aggressione autoimmune o ad un semplice Telogen Effluvium (fig.3).

In questa fase sarebbe indicato tutto ciò che blocca i mastociti, blocca il reclutamento linfocitario, shifta la risposta di tipo Th1 sulla Th2, con incremento di TGF beta, IL-4 e IL10 ad azione immunosoppressiva sull'immunità cellulo-mediata (riduzione di IL-1,IFNg,TNFa). Il TGFb, inducendo la fase Catagen potrebbe essere in grado di eliminare l’esposizione del bersaglio antigenico. In effetti questo è quello che sembra avvenire nelle forme limitate di AA rispetto a quelle espansive.

Che agire sui mastociti potesse risultare efficace era stato già dimostrato nel 1964 . L'infiltrazione locale del composto 48/80, potente agente degranulante, su chiazze di AA era in grado di indurre remissione delle lesioni con scomparsa dei peli a punto esclamativo e ricrescita di peluria bianca che progressivamente si scuriva. Nelle chiazze non infiltrate dello stesso compariva solo lanugine e in momenti successivi.

In effetti è già stato raccomandato l'uso degli antiistaminici nei pazienti affetti da pollinosi al fine di evitare le recidive scatenate dalla crisi allergiche e qualcuno ha anche suggerito l’utilità della vaccinoterapia desensibilizzante in questo tipo di pazienti. Uno studio preliminare su forme non gravi di Alopecia Areata ha dimostrato la possibilità di indurre remissione della patologia nel 50% dei casi attraverso l’utilizzazione esclusiva dell’antiallergico Ebastina.

Proprietà antidegranulante è attribuita ad alcuni antiossidanti ( es. Quercetina ) ed alla Ciclosporina A. Quest’ultima è da lungo tempo utilizzata nell’ Alopecia Areata con risultati contrastanti: in alcuni soggetti è riuscita a bloccare e risolvere temporaneamente la patologia, in altri l’ha scatenata, a possibile conferma indiretta dell’importanza del momento dell’intervento in base alle diverse fasi del processo patologico.

Bisogna ricordarsi che il mastocita- ancora più che in risposta al 48/80- degranula in presenza del neuromediatore CRH proveniente dai nervi sensitivi e da questi rilasciato in condizioni di stress, ma prodotto anche nella cute delle aree sottoposte a traumi, come avviene del resto anche attraverso il riflesso assonico provocato dal rilascio della “sostanza P”. Questo potrebbe essere alla base di quelle forme di Alopecia scatenata da emicranie e problemi dentali ipsilaterali attribuite erroneamente a foci infettivi locali.

 Tutto ciò che sia in grado di limitare anche questo tipo di attivazione potrebbe essere utile nella prevenzione delle recidive, almeno in quei soggetti più “reattivi”. Infatti alcuni trattamenti potrebbero indurre un fenomeno di isomorfismo reattivo (Koebner) quando praticati nella fase acuta della malattia: per esempio terapie intralesionali, ditranolo o altre sostanze in modalità revulsiva, crioterapia e anche la terapia con sensibilizzanti topici (Difenciprone o SADBE).

 


www.alopeciaareata.dk

 

Koebner da trauma e microtrauma        Koebner da Ditranolo

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