Novità sull’ Alopecia Areata

Roberto d’Ovidio e Paolo Chieco

L'Alopecia Areata fa parte della famiglia delle cosiddette malattie autoimmuni, malattie nelle quali l'organismo aggredisce una parte di sé. Nel caso specifico dell’Alopecia Areata sono aggredite le cellule del pelo o del follicolo del pelo. Per capire come questo accada è utile ricorrere all'esempio dei trapianti d'organo. È ben noto a tutti il fenomeno del rigetto dopo un trapianto, rigetto causato da alcune cellule, i cosiddetti “linfociti killer” (assassini). Questi, poiché hanno la funzione di difenderci da batteri patogeni, virus, cellule tumorali ecc, hanno la capacità di distinguere quello che appartiene all'organismo (self) da quello che gli è estraneo (non-self). I linfociti killer riconoscono come “not self” l'organo trapiantato, l'aggrediscono e lo distruggono. Qualcosa di simile succede nelle malattie autoimmuni o almeno nella maggior parte di esse. Per ragioni che in parte ancora non sono chiare, in alcuni soggetti predisposti ed in situazioni particolari di stress, i linfociti perdono, temporaneamente o definitivamente, la capacità di distinguere il proprio (self) dall’estraneo (not self) ed aggrediscono il self scambiandolo per not self. Le malattie autoimmuni sono numerose, cambiano di nome e di gravità a seconda del bersaglio (cellula oppure organo) colpito. Una cellula è tanto più sensibile all'attacco autoimmune quanto più velocemente si riproduce ed il pelo (bersaglio nella Alopecia Areata) esprime le cellule che si riproducono più rapidamente nel nostro organismo.

L’Alopecia Areata può essere associata ad altre patologie e quindi atopia (25% - 40% dei casi), vitiligine (5% dei casi) e varie alterazioni immunoendocrine, soprattutto tiroidee (25% dei casi), dovrebbero essere sempre ricercate nel paziente e nella sua famiglia. L’Alopecia Areata è una componente della sindrome di Vogt-Koyanagi-Harad che associa Vitiligine, Uveite, disturbi uditivi ed interessamento menigeo. Attualmente questa sindrome è considerata una patologia autoimmune cellulo-mediata avente come bersaglio i melanociti di tutti i distretti interessati, diretta contro proteine collegate alla Tirosinasi (TRP1 e TRP2). Nella Sindrome Poliendocrina autoimmune l’Alopecia Areata può ritrovarsi incostantemente associata a iposurrenalismo, tiroiditi, vitiligine. La malattia è dovuta a mutazioni del gene FOXP3 (Forkhead box P3) che si trova sul cromosoma X. Questo gene è espresso ad alti livelli nel timo, nella milza, nei linfonodi, ma soprattutto nei Linfociti CD4+ CD25+ con attività T-regolatoria. La loro funzione è quella di modulare la risposta immunitaria, sia B che T cellulare, attraverso meccanismi immunosoppressivi. L’importanza dei T-regolatori nel mantenimento dell’omeostasi immunitaria è dimostrata dal fatto che la deplezione della sottopopolazione CD4+ CD25+ porta spontaneamente e rapidamente a diverse manifestazioni autoimmuni come tiroiditi, gastriti e diabete mellito di tipo 1.

Ci sono evidenze epidemiologiche –soprattutto per l’asma allergica e la dermatite atopica-, ma c’è la ipotesi che un fattore di transcrizione, una proteina –Bach2- ,che possa essere (in caso di deficit) il “trait de union” tra le allergie e malattie autoimmuni, attraverso il difetto di linfociti T FOXP3.

Come anticipato, nello scatenamento dell’alopecia areata è possibile il ruolo favorente dello “stress”, mediato da neuromediatori come SP e CRH, che attivano i mastociti peribulbari. Ma queste cellule, oltre che nelle allergie e sotto stress psicofisico, intervengono nelle infezioni virali, batteriche e micotiche…il detto popolare “il verme sotto pelle” può essere riferito alle alopecie da tigne oltre che all’alopecia areata e alle alopecie cicatriziali.

Da un punto di vista terapeutico da più di 60 anni sono utilizzati i corticosteroidi per le allergie e le malattie autoimmuni con buoni risultati, ma anche con effetti collaterali, soprattutto con le terapie prolungate, anche (meno) per via topica. I farmaci antiallergici (fexofenadina, ebastina) possono essere utili soprattutto nelle forme più localizzate, in genere in combinazione di immunoterapie con Difenciprone e SADBE; recentemente sembra che una proteina, il VIP (un neuropeptide rilasciato dalle fibre nervose perifollicolari e presente negli mastociti), conferisca una protezione dall’AA. Il mastocita è un’arma a doppio taglio…il recettore del VIP sulle cellule bulbari si riduce significativamente nelle fasi attive dell’AA e così il mastocita si comporta di una bomba con il suo contenuto di citochine ed enzimi pro-infiammatori.

Da qualche anno si parla delle proteine Janus-chinasi, che attivano la citochina IL15 e la cascata infiammatoria e sarebbero importanti nella patogenesi dell’AA. Alcuni farmaci antagonisti di queste molecole – Ruxolitinib, Tofacitinib – oltre ad essere molto costosi sembrano dare il 50% di risultati positivi, ma pochi casi sono stati valutati nelle forme Totali e Universali. Qualche caso ha avuto una grave recidiva in corso di trattamento e purtroppo anche noi ne l’abbiamo osservato uno.  Qualcosa sfugge nella conoscenza della patogenesi dell’AA.

ruxolitinib

Negli ultimi anni sono stati utilizzati anche i fattori di crescita, ad esempio il platelet-rich plasma -PRP- e sono stati documentati risultati eccellenti, ma nelle forme di A.Totali e Universali la nostra esperienza non è entusiasmante e le recidive sono la regola; i farmaci analoghi delle prostaglandine possono dare risultati nel 45% delle forme moderate – più efficace il Bimatoprost del Latanaprost, ma solo per le ciglia e –meno- per le sopracciglia ma non ci mettono al riparo delle recidive.

Ci sono esperienze anche con terapie fisiche come i laser, soprattutto con quelli ad eccimeri, ma solo nelle forme localizzate e anche in questi casi le recidive sono frequenti.

Un farmaco, l’associazione simvastatina/ezetimibe  (prodotto anticolesterolemico) nelle forme non gravi di AA di recente insorgenza sembra poter dare remissioni prolungate della patologia, ma non nelle forme gravi ( più del 70% del capillizio alopecico) e croniche. Quindi non c’è un protocollo che sia valido per ogni caso ma si procede tenendo bene a mente la fase della patologia e il problema della koebnerizzazione: anche in alcune dermatosi – la psoriasi soprattutto- un terapia può aggravare il quadro della malattia. Ad esempio l’immunoterapia con Difenciprone o SADBE può essere più efficace in combinazione con alcuni farmaci antistaminici, riducendo i sintomi cutanei soggettivi e oggettivi – prurito, dolore, rossori, edema. effettivamente sono più efficacj i trattamenti combinati, soprattutto se si riescono integrare i momenti etiopatogenetici, ma anche riducendo i fattori di rischio…stress acuto e cronico ad esempio, la depressione, le allergie, le infezioni…gli ormoni surrenalici e il deficit di vitamina D. Il cortisolo può essere ridotto, soprattutto in seguito al trattamento con corticosteroidi per via sistemica ma anche per via topica, e questo può comportare un’insufficienza surrenalica, con incapacità della resistenza agli stress. Abbiamo riscontrato però il deficit del DHEA-S nei pazienti anche non avevano assunto steroidi…e il DHEA ha funzioni immunomodulanti; sembrerebbe un deficit primitivo anche dei pazienti “vergini” e quindi potrebbe essere un segnale di predisposizione alla patologia, come anche il deficit della vitamina D. E’ interessante che il deficit di vitamina D non è correlato con il deficit di DHEA-S. La vitamina D attiva moltissimi geni soprattutto quelli interessati all’immunomodulazione: inibisce proliferazione Th1 e promuove l’attivazione delle cellule T reg riduce la secrezione di citochine come IL-2 e IFN-gamma dai Th (CD4+),promuove la produzione IL-10 e TGF β…tutti interessati dalla gestione di molte malattie autoimmuni con dosaggi molto alti.

La difficoltà è ridurre le recidive e la gravità della patologia. …piuttosto che trovare una “cura” nelle forme più gravi.

alopecia areata

Dr. Paolo Chieco (paolochieco76@gmail.com)

Prof. Roberto d'Ovidio